Il valore delle Indicazioni Geografiche di G. Centoducati

Il valore delle Indicazioni Geografiche di G. Centoducati

L’Italia è il Paese con il maggior numero di prodotti agroalimentari a denominazione di origine e a indicazione geografica riconosciuti dall’Unione europea: ben 824 in totale, di cui 300 prodotti DOP e IGP e 524 vini DO, prodotti che contribuiscono a rendere l’Italia un Paese unico al mondo.

I prodotti ed i processi ben identificati, il rispetto della biodiversità, unitamente alla cultura ed alla tradizione dei territori, fanno sì che queste produzioni possano vantare una qualità unica e riconosciuta in tutto il mondo.

Secondo l’ultimo rapporto Ismea/Qualivita, il fatturato totale delle DO supera i 9.800 milioni di euro, ripartito circa per 1/3 nel mondo dei vini e per i 2/3 nel food.

In Puglia vi sono ben 62 denominazioni di origine tra DOP e IGP e Vini a Denominazione di Origine presenti a fronte delle 825 totali, ovvero il 7,5 %. Ma qual a quanto ammonta il valore di questi prodotti? Quanto incide su fatturato totale delle DO?

La Puglia produce e commercializza 121 mln di euro di prodotti con Denominazione di Origine, un valore che per quanto possa sembrare importante vale solo 1,13% del valore totale.

In particolare, il vino con Indicazione Geografica vale 92 mln (il 2,9% del totale) sebbene la stessa regione produca circa 10 mln di ettolitri ed a fronte di una produzione nazionale che non arriva a 50 mln (oltre il 20% della produzione nazionale). Il cibo DO invece, vale solo 19 mln di euro, ovvero solo lo 0,29%; eppure la Puglia produce circa il 60% dell’olio extravergine di oliva nazionale, è il granaio d’Italia producendo circa 1/4 di frumento duro dell’intera nazione e soprattutto vanta una biodiversità che rende questa regione come una delle più importanti di tutto il Mediterraneo.

Resta da chiedersi perché i numeri ed i valori economici non dicono la stessa cosa. È evidente che la sola produzione primaria e la vendita all’ingrosso, in qualunque luogo del mondo, non porta valore aggiunto all’economia del settore agroalimentare, mentre questo avviene per la trasformazione e la commercializzazione al dettaglio. Le produzioni summenzionate non sono state realizzate negli ultimi lustri ma sono state, in Puglia, la vera ricchezza per centinaia o per migliaia di anni. Eppure di valorizzare e tutelare le proprie produzioni, magari attraverso le DO, è qualcosa che non si riesce a fare.

Le motivazioni sono da ricercarsi nella mancanza di aggregazione, nell’individualismo e nella paura di lavorare assieme ad altri soggetti della stessa filiera. Un singolo soggetto può fare ben poco da solo, per quanto relativamente grande possa essere, da solo sarà sempre molto piccolo. Fare sistema e unirsi significa: a) ottimizzare risorse, b)incrementare il proprio potere contrattuale sia in acquisto materie prime sia in vendita di prodotto, c) avere la possibilità di avvalersi di consulenze (tecniche, commerciali, di mktg, finanziarie ecc..), d) avere accesso ad ulteriori forme di agevolazioni e finanziamenti, e) competere su mercati nazionali ed internazionali.

I primi 15 marchi IG (dal Parmigiano Reggiano DOP al Pecorino Romano DOP, dalla Mortadella Bologna IGP alla Mela della Val di Non DOP) realizzano l’88% del fatturato al consumo e addirittura il 95% dell’export. Agli altri 285 prodotti restano poco più che le briciole. Quello delle Denominazioni di fatto è un business in grande crescita ma, purtroppo, ancora per pochi, e tra questi pochi, spiace notare che non c’è la Puglia così come le Regioni Limitrofe (Basilicata e Molise). Va rilevato che la grande crescita che hanno avuto i “grandi” prodotti (in termini numerici e di fatturato) ha avuto il suo momento migliore negli ultimi anni, quando gli stessi prodotti sono diventati di reale interesse industriale e commerciale. Prima erano viste come uno strumento a disposizione di piccoli produttori artigianali o di piccoli agricoltori, quasi in contrapposizione dell’industria agroalimentare.

Si può rimanere agricoltori e artigiani e allo stesso tempo incrementare in modo davvero rilevante le produzioni, il fatturato e la condizione di un territorio. Tutto ciò è però possibile solo se riuscissimo tutti a comprendere il valore dei nostri prodotti; un valore non solo commerciale ma anche ambientale e sociale; e questi ultimi due valori sono importantissimi.

In altre zone d’Italia, con la consapevolezza ed il supporto di tutti, sono riusciti a far identificare la terra di origine attraverso i prodotti tipici o le Denominazioni di Origine. Alcuni esempi possono essere l’Olio e la Toscana, i Limoni e Costiera Amalfitana, i tantissimi Salumi e l’Emilia Romagna.

Il “cibo di Origine”, quello identificato e tutelato a livello Europeo, per il nostro territorio, con il lavoro e la collaborazione di tutti (consorzi, ristoratori, albergatori, proprietari di B&B ecc…) potrebbe costituire un patrimonio non solo produttivo, ma anche culturale, da offrire assieme alle tante attrazioni paesaggistico-naturali, architettoniche e storico-artistiche. Sono certo che le Denominazioni di Origine di cui ci vantiamo hanno la capacità di fare da vero traino per l’economia delle nostre regioni.

Gerardo Centoducati

Direttore del Consorzio di Tutela e Valorizzazione della Lenticchia della Altamura IGP

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